Emanuela Mari

Emanuela M.1

20 SETTEMBRE 1955 -12 GIUGNO 2011


Emanuela presenta due sue quadri

Quadro E.casini 3

Il presente quadro rappresenta il mio stato interiore: è un’alba sul monte delle Verna (AR)

Quadro E. Casini 3

il quadro presente  prende spunto da una pubblicità e rappresenta per me l’opera della Misericordia di Dio in un’anima.

Ci sono tanti simboli:

il vento che per me rappresenta Lo Spirito di Dio,

il tronco secco rappresenta la vita passata (il peccato lasciato),

il mare un po’ mosso perché la vita non è mai piatta!

… un po’ come prima e dopo la cura (Di Dio).

Frutto della sofferenza con Dio è la pace interiore, non è sofferenza inutile!


Testimonianza della figlia Eleonora

Questa malattia non può essere odiata, perché ha portato mia mamma in paradiso e mi ha permesso di sperimentare che la morte è davvero solo un passaggio ad altro e che la vita non è una traghettata solitaria ma una melodia perfettamente orchestrata da Dio.

Mi rammento l’immagine di mia mamma seduta sul divano che passa le mani sul seno per sentire eventuali noduli, è uno dei ricordi più vivi che ho del passato e ricordo il fastidio che provavo mentre lo faceva, forse perchè la vedevo preoccupata;
sono passati più di 20 anni. Rileggendo la storia tutta insieme, noto il leggero, discreto tessere della Provvidenza nelle nostre vite. Dio ha una pazienza infinita, ci aspetta. Ha preparato mia mamma all’incontro con Lui attraverso questa prova, ha
aspettato che io fossi abbastanza grande e che il mio babbo fosse spiritualmente pronto. Ho potuto osservare i miei genitori crescere nel loro rapporto, nel rapporto con gli altri e nella conoscenza di Dio, ho visto mia mamma lasciarsi modellare
dalla grazia, anno dopo anno. E’ strana l’opera di Dio, si sviluppa pian piano con passetti impercettibili, ci vogliono anni per percepirne gli effetti.
Prima che si presentasse la malattia è arrivata la grazia per sopportarla, il pellegrinaggio a Medjugorje, con la conversione di tutta la famiglia. Abbiamo iniziato a pregare il rosario e ad andare a messa tutti i giorni.
Dopo la prima chemioterapia mi sono scoperta più matura, i mesi di buona salute di mia mamma, dopo il primo ciclo di cure, mi hanno dato la possibilità di riprendermi dallo stress ma non capivo, mi ero sposata, non mi davo ragione del perché non
arrivasse un figlio.

Quando la malattia si è ripresentata sono andata in crisi, mi ricordo la festa di compleanno dei miei 27 anni, soffrivo tantissimo, perché temevo che quello sarebbe stato l’ultimo compleanno festeggiato con lei, non era vero, lei ha visto anche i miei 28 anni, ma in effetti il 27° è stato l’ultimo organizzato da lei!

Così ho iniziato a chiedere a Dio che mi desse il senso della morte, perché il terrore della morte condizionava tutta la mia vita, Lui me lo ha spiegato in varie tappe, la prima risposta l’ho avuta con il concepimento, scoperto subito dopo, a Pasqua.

Ricordo che quando mi dissero che avrei partorito nei giorni del compleanno del mio babbo pensai che questa nascita fosse un dono anche per lui e che forse mia mamma non ci sarebbe stata a festeggiarlo.

Il secondo ciclo chemioterapico è iniziato durante la mia gravidanza, così la Provvidenza ha ridotto al minimo il mio intervento e non mi ha permesso di accudire mia mamma. Mi è costato non poter far niente ma era chiaro che doveva essere così!!

Pochi giorni prima della morte di mia mamma, ero al mare per qualche giorno, le ho mandato un messaggino dal cellulare con scritto che anche se ero lontana la pensavo e pregavo per lei e lei mi ha risposto che era convinta che la mia lontananza fosse
volere di Dio.
Dio ha reso l’agonia breve per permettere a tutti di essere presenti, per non rendere la sofferenza di tutti insopportabile e io penso anche per non farmi stare in ospedale con la bambina tanto a lungo, rischiando di perdere il latte a causa dello stress.
La cosa che mi meraviglia di più è che non solo Dio ha preparato minuziosamente mia mamma nei giorni precedenti la sua rapida e inaspettata morte ma ha avuto cura di ridurre al minimo le sofferenze dei parenti e degli amici, ha fatto tutto come sarebbe piaciuto a lei, ha pensato a tutti.
Quando sono arrivata all’ospedale il 12 giugno, un paio d’ore prima che morisse, l’ho guardata e lei mi ha detto: “Non so che dirti”, io le ho detto: “Non dirmi niente, prega, anch’io prego”, poi mi ha chiesto di levargli i calzini, glieli ho tolti, dopo poco
me lo ha richiesto, ho fatto finta di toglierli nuovamente, alla terza volta che me lo ha chiesto ha fatto una pausa e mi ha guardato dicendomi: “Me li hai già tolti, vero?”, ho annuito e lei mi ha detto allora: “Via, ora vai …”. Mi sono allontanata, e quando non mi distraevano pregavo “Gesù confido in te”.
Quando ci hanno richiamato perché era morta le ho toccato e carezzato la mano continuando a ripetere “Gesù confido in te”,

ho sentito una grande pace!! Ho sentito dentro di me, che non ero più sola, adesso sarebbe stata sempre con me … poi vedendo i volti cupi dei parenti, le ho detto col pensiero, ecco mamma, ora devi lavorare per loro!! Poi affacciata alla finestra ho pensato, adesso manca solo l’arcobaleno, sono rimasta a fissare un po’ il cielo e poiché non arrivava ho pensato “ok, allora i segni che ci sono stati sono sufficienti, non serve”. Dopo poco in cielo c’erano due arcobaleni!!

arcobaleno 1

Negli ultimi tempi si era scusata per non essere stata molto partecipe di questa mia maternità, mi ascoltava parlare in silenzio, ovviamente non dipendeva da lei l’avere altri pensieri, io lo capivo … Ma entrambe sentivamo le nostre strade dividerci e la condivisione traballare e questo ci faceva male. Mi sono ricordata che quando fece la chemioterapia la prima volta mi chiedeva spesso: “Tu cosa credi, guarirò, ce la farò?” e stavamo ore a parlare, la incoraggiavo molto spesso, ma questa
volta ci dicevamo: “Giorno per giorno, un passo alla volta, rimaniamo in Dio, Lui ci ama e ci porta a qualcosa di bello, qualsiasi cosa sia”.
Mi manca la sua presenza fisica, questo sì, però la lunga malattia è stata anche un percorso di lento distacco, non rivorrei mai tornare indietro, rivederla soffrire … quindi non so cosa desiderare, perché mia mamma piena di energie e in buona
salute non me la ricordo più, sono passati quasi 10 anni e io ero poco più che adolescente, nel frattempo io sono cresciuta nella fede, sono diventata donna, sposa e madre e il nostro rapporto è cambiato radicalmente negli anni.

Rimangono i sentimenti umani, la tristezza, la nostalgia ma soprattutto la serenità e la pace per la convinzione che ha “combattuto la sua buona battaglia”, guarire sarebbe stato come tornare indietro, arrestare quel suo lungo e faticoso procedere verso Dio… davvero tutto è compiuto, non è corretto parlare di morte prematura.

Eleonora

Testimonianza del marito

Ospedale S. Giovanni di Dio (Torregalli) – Firenze – 12 giugno 2011.

 

Emanuela ha affrontato la sua malattia con grande coraggio e in modo riservato e sereno, affidando al Signore ogni sua speranza.

Nei tanti anni della sua malattia non si è mai lamentata, anzi più volte mi ha detto che quanto gli era successo era per lei un dono; mi ricordava che Padre Pio chiamava le sue sofferenze “gioielli”.- Non chiedeva a Dio la sua guarigione fisica, tuttavia mi diceva: “se Dio mi ha fatto fare questo cammino sono certa che è per guarirmi.”

Oggi io so che questo è vero, soltanto che la guarigione che Dio gli ha concesso non è quella fisica ma quella spirituale, molto più importante perché necessaria, non alla breve vita terrena,ma alla vita eterna.-

Aveva compreso da tempo il significato della vita terrena, una salita talvolta molto ardua per raggiungere la meta: la vera vita quella al cospetto di Dio. Mi diceva sempre: non voglio andare in Purgatorio, ho paura di andarci! Si era impegnata quindi con tutta se stessa per fare la volontà di Dio; il suo riferimento era Maria, che amava profondamente, e non perdeva occasione per la sua preghiera preferita: il rosario.- La sua preghiera era quasi sempre per le intenzioni della Madonna e per le persone care.

 Anni fa sempre durante un periodo della sua malattia mi diceva di non essere pronta a lasciare la vita…. ma negli ultimi mesi aveva smesso di dirlo, intuivo che si sentiva pronta, anche se non me lo avrebbe mai detto, non smetteva di fare piccoli programmi futuri.-

Da quando aveva iniziato le terapie con ricovero ospedaliero la vedevo provata e non solo per le sue sofferenze fisiche ma più che altro per la sofferenza che vedeva nei malati che incontrava durante la degenza.
Quando andavo a trovarla la sera in ospedale capivo dalle persone che stavano vicine agli altri malati e dai malati stessi che aveva stretto una amicizia particolare, la cercavano come riferimento e lei non negava ad alcuno un sorriso o parole di conforto, mi raccontava che parlava a tutti del Signore, ma poi mi diceva, sai quella signora lì è così brava, prega molto, una santa ….. se provavo a fare un accenno a lei alla sua profonda spiritualità mi guardava male e mi diceva: “Ma cosa dici?! Tu
piuttosto quando ti decidi a fare un cammino serio”.-

Durante la degenza, quando poteva, alle 16 andava alla messa nella cappella dell’ospedale e era sempre felice quando mi raccontava che era venuto a trovarla il sacerdote portandogli Gesù. Una volta mi disse, durante la sua prima degenza a Prato, dopo diversi giorni che non poteva andare alla messa e quindi fare la comunione: oggi mi sono svegliata e ho aperto gli occhi proprio nel momento in cui il sacerdote si è affacciato nella stanza…. sono felice perché Gesù è venuto da me.

Quando a fine maggio dopo il suo terzo e ultimo ciclo di terapia eravamo andati alla visita dal direttore del reparto che la curava, aveva già accusato disturbi gravi, ma il dottore ci aveva rassicurati dicendo che le analisi mostravano un sensibile miglioramento dei marcatori tumorali e delle transaminasi. Credo che proprio in questo ultimo periodo anche Emanuela abbia chiesto la guarigione fisica, ma più per me e i suoi cari che per lei e sicuramente avrà chiuso la preghiera con le parole di Gesù … sia fatta la Tua volontà.-

Negli ultimi anni dedicava molte sue preghiere allo Spirito Santo; negli ultimi giorni della sua vita terrena abbiamo pregato insieme la novena allo Spirito Santo, proprio per prepararci alla festa di Pentecoste; tutte le sere dopo cena, soltanto sabato 11
giugno mi chiese di pregare subito nella mattinata, aveva infatti questa particolare attenzione, durante le novene, di non aspettare la sera dell’ultimo giorno, diceva … per paura che qualche problema le impedisse di concluderla.
Nell’ultima settimana la situazione era precipitata e le cure che faceva non davano alcun risultato, il gonfiore della pancia aumentava e anche le gambe ed i piedi gonfiavano per i liquidi che si accumulavano; le terapie diuretiche erano inefficaci.

Venerdì 10, Emanuela chiamò Don Alessandro che stette con lei e la confessò, quando tornai la sera la trovai raggiante, mi raccontò dell’incontro e mi disse: domani viene anche a portarmi la comunione!

Il sabato mattina la situazione non accennava a migliorare, a fine mattina arrivò Don Alessandro con Gesù, come sempre Emanuela si raccolse e dopo la comunione, il sacerdote la benedì; io guardavo, avevo capito dallo sguardo del nostro amato sacerdote che aveva compreso la imminente fine ma non avevo il coraggio di parlarne, seguitavo solo a pensare che le ultime analisi davano segni incoraggianti.-

Sabato sera tuttavia decisi, in accordo con lei, che la mattina di domenica, se non ci fosse stato un miglioramento, avremmo chiamato il reparto di oncologia di Prato, dove si curava, chiedendo il ricovero.
Quella sera insieme assistemmo tramite internet alla veglia di Pentecoste: come avremmo voluto partecipare alla veglia nella nostra chiesa!
Le accarezzai più volte la schiena per alleviare i dolori, poi andammo a dormire.-

La mattina di domenica, mi chiamò presto e mi chiese di chiamare il reparto; non c’erano posti mi dissero … tuttavia se viene in ospedale anche in altro reparto ci coordiniamo per le cure.

Chiamai la misericordia e ottenni anche la possibilità di andare a Prato.
Emanuela stava male e non era certo in grado di muoversi, all’arrivo della misericordia, l’infermiere constatò una scarsa ossigenazione del sangue, mi disse peraltro che l’ospedale di Prato era pieno in tutti i reparti, e comunque vista la situazione dovevano trasportarla all’ospedale più vicino e quindi a Torregalli.-
Proprio Torregalli è il luogo dove spesso mi reco alla messa la mattina alle ore 8 prima di iniziare il lavoro, mi sento un po’ di casa, ed è qui che appunto il Signore ha radunato la mia famiglia, non voleva che l’ultimo saluto ad Emanuela avvenisse
appunto in un luogo estraneo.-

 

Durante il tempo in cui eravamo con lei ci raggiunsero anche i genitori di Emanuela, Franca e Leandro, ma io non glielo dissi fino al momento in cui vennero a trovarla nella stanza del pronto soccorso. Una della sue preoccupazioni più grandi era appunto quella di non poter più stare con loro quando avrebbero avuto bisogno di lei …. La sua carità si manifestava verso tutti, senza alcun proclama e sempre con i fatti … anche negli ultimi mesi, continuava a accudirmi e preoccuparsi per me, per
qualsiasi necessità, sembrava fossi io il malato …..

Mentre eravamo in attesa delle analisi, non riuscivo a parlare con lei, non sopportavo di vederla soffrire, mi allontanai per mangiare qualcosa con una altro nostro amico che mi aveva raggiunto Maurizio, quando tornai trovai mia moglie agitatissima, le chiedevo se aveva dolori ma lei mi diceva con un filo di voce che aveva un malessere generale, si girava e rigirava e conseguentemente i valori del battito cardiaco e la % dell’ossigeno si modificavano in modo continuo. Sia io che un infermiere provammo a calmarla e spostarla perché respirasse meglio, senza grandi risultati. Non riuscivo a capire, penso che stesse provando un momento di sofferenza particolare, non so ma il mio intuito mi ha portato a pensare alla sofferenza di Gesù nell’orto degli olivi, quando suda sangue ed acqua, è questo l’unico momento in cui ho visto soffrire Emanuela in tutta la sua natura. Poi, forse per le cure, si calmò.

Fu allertato il sacerdote dell’ospedale, nostro amico, che venne subito per l’unzione, io non ce l’ho fatta ad assistere, sono uscito, mi dispiace ma non riuscivo proprio a guardarla.
Emanuela non voleva mai farmi soffrire e so quindi che anche lei avrebbe voluto che uscissi. Il Sacerdote mi ha poi raccontato che Emanuela gli ha detto: “mi sono preparata tanto a questa festa!”

Dopo che il sacerdote era uscito, Giuseppe mi ha riferito che Emanuela alzando gli occhi gli aveva sussurrato: ce l’hai Gesù? …. Giuseppe, ministro dell’eucaristia, quando è in Ospedale porta con se la teca, l’aveva da poco resa al sacerdote, in fretta lo raggiunse, il sacerdote gli consegnò la teca in modo che potesse portare Gesù a mia moglie. Quando arrivò da lei ne prese un pezzettino e quindi dopo le preghiere, le diede la comunione.

Mia moglie gli disse: “Ora ho fatto tutto. Arrivederci a presto”.

Anche io entrai a vederla, respirava con fatica, non riuscivo a stare lì, il suo volto era trasfigurato dalla sofferenza. Fuori intanto molte persone, parenti e amici, informate della grave situazione erano venuti a trovarla, Gaetano, un nostro caro amico, si era avvicinato a lei, mi ha raccontato che Emanuela gli ha sorriso; un sorriso che non dimenticherà mai

Dopo poco, erano circa le 18, mi fecero cenno di entrare, Giuseppe che era entrato prima di me, era sulla porta con gli occhi pieni di lacrime, il suo sguardo mi fece capire … in pochi passi fui da lei e mi gettai a carezzarla e baciarla, singhiozzando e piangendo come non ricordo di aver mai fatto in tutta la mia vita.- Non so quanto durò quel momento di strazio, io e Emanuela eravamo veramente una sola carne e mi sentivo come se una parte di me fosse stata strappata via; la parte che amavo di più!.-

Poi uscii ancora piangendo, consolato dall’abbraccio di mia figlia e dei tanti amici e parenti presenti.- Avvisai subito per telefono Don Alessandro. Mia moglie era passata dal sonno al cielo, senza la presenza di alcuno, nella riservatezza che da sempre desiderava.

Eravamo nel corridoio, sentii mia figlia che mi chiamava per farmi vedere un bellissimo arcobaleno. Mia moglie Emanuela da sempre infatti ammirava particolarmente gli arcobaleni, per lei erano segno della presenza di Dio, prendeva di solito la macchina fotografica per catturare l’immagine, era capace anche di telefonarci perché li potessimo vedere anche noi.- Erano addirittura due, uno dei due era molto visibile, feci delle fotografie.

Questo fatto che ci avesse lasciato proprio il giorno di Pentecoste, mi riempiva di una serenità e pace straordinaria, ero convinto, come lo sono anche mentre scrivo, che mia moglie aveva lasciato questa vita come voleva: in Grazia di Dio nel giorno di una delle feste che più amava.-
Non il caso, non la fortuna guidano la nostra vita.Martedì mattina 14 giugno 2011 era stato organizzo, alle ore 10, il suo funerale, le 10 era anche l’ora in cui di solito
prendevamo la messa domenicale insieme, chiamata “messa dei bambini” proprio perché dopo partecipavano alla nostra lezione di catechismo.-
Lunedì 13 nella sera ero preoccupato perché io e Eleonora, insieme a Giuseppe e il sacerdote dell’ospedale, avremmo dovuto assistere, prima del funerale, alla chiusura della bara, Emanuela infatti più volte ci aveva detto che non gradiva essere
esposta. Ero quindi preoccupato perché avevo paura di trovare quel viso così emaciato che avevo visto all’ospedale ….. ma invece la mattina nell’obitorio, trovai mia moglie col volto sereno, ben vestita con gli abiti della festa del matrimonio di Eleonora che avevamo scelto io e mia figlia, con il suo amato rosario in mano ed a fianco una bustina con dei santini, come diceva: con tutti i suoi “amici” alcuni Santi che venerava particolarmente (Padre Pio, Suor Consolata, Suor Faustina, Padre Ettore, Pio Alberto del Corona, San Leopoldo, Benedetta Bianchi Porro, Santa Eustochia …).
Sembrava stesse pregando, come faceva sempre, in quel rapporto intimo con Dio.-
Questa pensai subito è una grazia … quell’ultima icona di mia moglie avevo sperato fosse proprio come la vedevo.-

Poi andammo in chiesa, tante persone erano accorse, fin da subito molti mi vennero a cercare per esprimermi il loro affetto,immaginavo sì una discreta presenza ma mai avrei pensato di vedere un numero di persone come quello che ho visto. L’emozione era grandissima, ma la Grazia di Dio operava in me e in Eleonora, riuscivamo ad essere sereni, perché consapevoli che Gesù l’aveva accolta in cielo nel modo che Emanuela desiderava.

Anche la messa si è svolta come mia moglie avrebbe desiderato, c’erano a concelebrarla ben otto sacerdoti. I lettori furono Gaetano e Marisa, come Emanuela avrebbe voluto. Don Alessandro conosceva bene mia moglie e nell’omelia l’ha descritta come era, raccontando che era rimasto molto colpito dalla puntualità di quei tre ultimi giorni, di come tutto si era svolto sotto una regia che non poteva passare
inosservata. Accennò anche dell’arcobaleno come di un segno.- Poi alla fine della messa, prima della benedizione, all’ambone si recò Alessandra che a nome della parrocchia parlò di Emanuela, in quel momento capii di quanto mia moglie non
passasse inosservata, in un mondo nel quale tutto sembra non funzioni senza spettacoli eclatanti, ecco che mia moglie con la sua semplicità, la sua riservatezza e la sua capacità di raccogliersi in preghiera, non solo non era passata inosservata
ma addirittura era motivo di conforto per tutti.
Cara Emanuela – ho pensato dopo – tu che mi dicevi sempre: chi vuoi si accorga di me? Eri sempre certa di offrire una scarsa testimonianza … invece …. Poi volli parlare anche io, so chi me ne ha dato la forza; alcune cose le avevo già pensate … volevo ringraziare tutti, come dal cielo sicuramente stava facendo anche lei, mia moglie era sì riservata, ma quando c’era da fare qualcosa di importante non
aveva paura di nulla, affrontava ogni situazione con risolutezza e coraggio. Quel giorno avrebbe voluto abbracciare tutti.

Non ricordo bene, ma di sicuro ho detto che Emanuela non è morta ma ha iniziato la vera vita, quella al cospetto di Dio e a fianco di Maria.- Non so quante persone ho abbracciato quel giorno, quanti mi hanno ringraziato, quanti hanno parlato di mia moglie con ammirazione …. mi rendo conto di quanto sia grande l’opera del Signore e quanto lavori la Sua Grazia quando le persone, come Emanuela, si abbandonano a Lui.

 

Il Signore mi ha dato tanto, molto di più di quanto merito e meriterò mai; non so sinceramente perché proprio a me ha
donato mia moglie, che chiamavo il mio a angelo sulla terra.
Nel momento in cui scrivo è la notte della festa della Santissima Trinità; mistero profondo, per me incomprensibile, Dio non si può comprendere si può solo amare, e per quanto si ama, Lui ci ama molto di più.

Firenze 19 giugno 2011.-

In memoria del mio amore Emanuela, il tuo Gianni.
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