Chiara Lubich

Antologia meditazioni di Chiara Lubich

Vandeelene. Vita di Ch. Lubch

Video: “Rinascere nell’amore”


Trasformare la vita in una continua opera di misericordia

Se tu fossi uno studente e per caso venissi a conoscere le domande dell’esame conclusivo dell’anmno scolastico, ti riteresti ben fortunato e studieresti a fondo le risposte. La vita è un aprova ed alla fine anch’essa ha da superare un esame: ma l’infinito amore di Dio ha già detto quali saranno le domande: “Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere”. Le opere di misericordia saranno materia d’esame, quelle opere nelle quali Dio vede se lo si è amato veramente, avendolo servito nel fratello. Forse è per questo che il Papa, vicario di Cristo, semplifica spesso la vita cristiana sottolinenado le opere di misercordia.E noi facciamo la volontà di Gesù in Cielo e del suo vicario in terra se trasformiamo la nostra vita in una continua opera di misericordia

In fondo non è difficile e non muta molto di quello che già stiamo facendo. Si tratta di portare ogni rapporto col prossimo su di un piano soprannaturale. (Chiara Lubich. L’esame. In Id. Scritti spirituali/1. Roma 1978, II ed. Città Nuova, p. 95


Maria è Misericordia

Maria è amore verso tutti gli uomini, è misericordia, è avvocata dei più miserabili . Nessuno come Lei, dopo Gesù, diffonde amore. Diffonde amore. perché? Perché è Madre. Una madre nn sa che amare. E l’amore della madre è tipico: ama i propri figli come sé, perché c’é qualcosa di sé, veramente, nei suoi figli. Una madre serve, serve sempre. Una madre scusa, scusa sempre. Una madre spera, spera sempre.

Collegamento 3.3.83, pp. 94-95. Cit. in Vandeleene M. Io – il fratello – Dio nel pensiero di Chiara Lubich. Roma 1999, Città Nuova, p. 231


La verità è Misericordia

La carità si mantiene con la verità e la verità è misericordia pura, della quale dobbiamo essere rivestiti da capo a fondo per poterci dire cristiani

Vivere la vita. In C. Lubich (1959). Meditazioni. In Id. “L’attrattiva del tempo moderno. Scritti spirituali/1”. Roma 1978. Città Nuova, pp. 107-108


 

Ritrovare nelle esatte proporzioni

 Mille sentimenti, mille santi affetti, mille pensieri occupano a volte la mia mente così impegnata in opere diverse al servizio della Chiesa: colloqui, lavoro, viaggi…

Così vari che poi li porto con me come un tesoro da ripensare, da analizzare, e che tanta consolazione danno spesso al mio cuore.

Eppure tutto ciò è uno splendido mondo che m’appanna l’anima, una ricchezza che, in certo modo, m’occupa spazio al posto di Dio.

Allora ho capito, una volta ancora: vivere il presente e gettare, nel Cuore di Gesù, tutto ciò che è stato oggetto, anche santo, dell’attimo passato. Nel Cuore di Gesù perché lo conservi e lo maturi, lo porti avanti e me lo faccia ritrovare, come spesso è successo, cresciuto e sviluppato.
Perdere, insomma: saper perdere è la legge del Vangelo, come la Desolata ha perso, per far la volontà di Dio, cioè per Dio, persino Gesù…: la sua Opera. «Perdere» per essere tutta protesa in ciò che Dio vuole da me nel presente.
Perdere tutto: perché in quel vuoto rientri il sole di Dio, ed in Lui si trovino al giusto posto e nelle esatte proporzioni, e nelle sante sfumature, gli affetti miei, i pensieri miei: con l’amore per la Chiesa militante oggi, quello per la Chiesa trionfante che gode, purgante che soffre; l’amore per la Chiesa, domani, che Dio già vede ed ama: Sposa del Verbo.

C. Lubich (1969). Saper perdere. In Id. “Scritti spirituali/2. L’essenziale di oggi”. Roma 1978. Città nuova, pp. 49-50


La Misericordia è l’ultima espressione della carità
Quando si è conosciuto il dolore in tutte le sfumature più atroci, nelle angosce più varie, e si son tese le mani a Dio in mute strazianti implorazioni, in sommesse grida di aiuto; quando si è bevuto il fondo del calice e si è offerta a Dio, per giorni e per giorni, la propria croce, confusa con la sua, che la valorizza divinamente, allora Dio ha pietà di noi e ci accoglie nella sua unione.
È il momento in cui, dopo aver esperimentato il valore unico del dolore, dopo aver creduto all’economia della croce ed averne visto gli effetti benefici, Iddio mostra in forma più alta e nuova qualcosa che vale più ancora del dolore.

È l’amore agli altri in forma di misericordia, l’amore che fa allargare cuore e braccia ai miserabili, ai pezzenti, agli straziati dalla vita, ai peccatori pentiti.

Un amore che sa accogliere il prossimo sviato, amico, fratello o sconosciuto, e lo perdona infinite volte. L’amore che fa più festa a un peccatore che torna che a mille giusti, e presta a Dio intelligenza e beni per permettergli di dimostrare al figliol prodigo la felicità per il suo ritorno.

Un amore che non misura e non sarà misurato. È una carità fiorita più abbondante, più universale, più concreta di quella che l’anima possedeva prima. Essa infatti sente nascere in sé sentimenti somiglianti a quelli di Gesù, avverte affiorare sulle sue labbra, per quanti incontra, le divine parole: «Ho misericordia di questa turba» (cf. Mt 15,32). E intavola con tanti peccatori che vengono a lei, perché un po’ immagine di Cristo, colloqui simili a quelli rivolti un giorno da Gesù alla Maddalena, alla samaritana o all’adultera.

La misericordia è l’ultima espressione della carità, quella che la compie.

E la carità supera il dolore, perché esso è soltanto di questa vita, mentre l’amore perdura anche nell’altra. Iddio preferisce la misericordia al sacrificio.

 Chiara Lubich (1959). Quando si è conosciuto il dolore. In Id. Meditazioni. “Scritti spirituali/1. L’attrattiva del tempo moderno”.Roma 1978. II ed. Città Nuova, pp. 69-70


Sfruttare l’infinita ricchezzza della Misericordia

Tu conosci il Cuore del tuo Gesù e sai che sceglie sempre le persone più insulse, più inutili, più miserabili per operare i capolavori della Sua Misericordia

Io conosco amo e, come nessuno mai, voglio sfruttare (perché Ti amo) l’Infinita Ricchezza della tua Misericordia! Oh benedetto Cuore aperto! benedette Piaghe! Datemi di aprirvi al mondo, perché su di esso scenda, a lavacro d’ogni sozzura, la pioggia salutare del vostro sangue e della vostra Grazia!

Per unirci a Gesù c’é un solo mezzo: i nostri peccati. Occorre levarsi dell’anima ogni altro pensiero. E credere che Gesù è attirato a noi soltanto dall’esposizione umile e confidente e amorosa dei nostri peccati.

Noi, per noi, null’altro abbiamo e facciamo che miserie. Lui, per Lui, a riguardo nostro , non ha che una sola qualità: la Misericordia

L’anima nostra si può unire a Lui soltanto offrendoGli in dono, come unico dono, non le proprie virtù, ma i propri peccati!

Perché l’anima che ama conosce i gusti dell’Amato e sa che Gesù se è venuto sulla terra, se s’é fatto uomo, se qualcosa brama nel profondo del Suo cuore Umano Divino è soltanto

Far da Salvatore
Far da Medico!

null’altro desidera.

Lettera a sr. Josefine e sr. Fidente. 3 ott. 1946(?). In Chiara Lubich. Lettere dei primi tempi (1943-1949) alle oprigini di una nuova spiritualità. a cura di F.Gillet e G.D’alessandro. Roma 2010, II ed. Città nuova, pp. 109-111


Ti voglio bene

Ti voglio bene,

non perché ho imparato a dirti così,

non perché il cuore mi suggerisce

questa parola,

non perché la fede mi fa credere

che sei amore,

nemmeno perché sei morto per me.

Ti voglio bene

perché sei entrato nella mia vita

più dell’aria nei miei polmoni,

più del sangue nelle mie vene.

Sei entrato

dove nessuno poteva entrare,

quando nessuno poteva aiutarmi,

ogniqualvolta nessuno poteva consolarmi.

Ogni giorno ti ho parlato.

Ogni ora ti ho guardato e nel tuo volto ho letto la risposta,

nelle tue parole la spiegazione, nel tuo amore la soluzione.

Ti voglio bene

perché per tanti anni

hai vissuto con me

ed io

ho vissuto di Te.

Ho bevuto alla tua legge

e non me n’ero accorta.

Me ne sono nutrita,

irrobustita,

mi sono ripresa,

ma ero ignara

come il bimbo che beve dalla mamma

e ancor non sa

chiamarla con quel dolce nome.

Dammi d’esserti grata

– almeno un po’ –

nel tempo che mi rimane

di questo amore

che hai versato su me

e m’ha costretta

a dirti:

“ti voglio bene.”

Roma, domenica in Albis, 24 aprile 1960


La voglio rivedere in te

Sono entrata in chiesa un giorno
e con il cuore pieno di confidenza gli chiesi :
« Perché volesti rimanere sulla terra,
su tutti i punti della terra,
nella dolcissima Eucaristia,
e non hai trovato,
Tu che sei Dio,
una forma per portarvi e lasciarvi anche Maria,
la Mamma di tutti noi che viaggiamo ? ».
Nel silenzio sembrava rispondesse :
Non l’ho portata perché la voglio rivedere in te.
Anche se non siete immacolati,
il mio amore vi verginizzerà
e tu, voi,
aprirete braccia e cuori di madri all’umanità,
che, come allora, ha sete del suo Dio
e della madre di Lui.
A voi ora
lenire i dolori, le piaghe,
asciugare le lacrime.
Canta le litanie
e cerca di rispecchiarti in quelle.

Meditazioni, Città Nuova, Roma 1959, 2000.


TESTI

♦ Una spiritualità della riconciliazione

♦ Gesù abbandonato

♦ Il sì dell’uomo a Dio

♦ L’unione con Dio

♦ Gesù Abbandonato (1971) 

♦ L’unità e Gesù Abbandonato a fondamento della spiritualità di comunione

♦ Spiritualità dell’unità e vita trinitaria

♦ L’unità

♦ Equilibrio divino  

♦ Maria

♦ Maria: laica come noi laici 

♦ Morire all’io per vivere in Cristo

♦ Maria umanità realizzata. Gen’s 1983, n.2

♦ Per un nuovo umanesimo

♦ Risurrezione di Roma  

♦ Il carisma dell’unità e la Psicologia  

♦ Vita Trinitaria  

No votes yet.
Please wait...