Esercizi di Meditazione

ESPERIENZA DI MEDITAZIONE

Salvatore Franco omi

Introduzione

La bellezza dell’esperienza cristiana risiede nella sua prospettiva di unificazione in cui ogni cosa creata e ognuno di noi può trovare la sua piena realizzazione. Nella preghiera di Gesù che prolunga quella dell’ultima cena, riportata al capitolo 17 del Vangelo di Giovanni e che compendia tutta la sua missione in questo mondo, troviamo l’insistente richiesta che tutti siano “una cosa sola”. Si tratta di un superamento di ogni divisione, di ogni opposizione, che Cristo desidera che si operi a partire dal cuore frammentato e ferito dell’uomo.

Se guardiamo la nostra esperienza personale possiamo notare come di fatto, non solo tra noi esseri umani vi sono lontananze e separazioni, ma anche in noi stessi. La più profonda divisione è quella che separa noi da noi stessi, noi da ciò che veramente siamo. Tale lontananza si riflette in quella che c’è tra la nostra mente e il nostro cuore, tra il nostro corpo e il nostro spirito.

Per questo nel pensiero orientale si dice che la mente deve collocarsi nel cuore per raggiungere l’unità in se stessi. Il pensiero induista, per es., parla della ricerca del vero sé interiore che chiama l’Atman, che, a sua volta, è lo strumento di consapevolezza dell’unione con il Brahman che è Dio.

In sintonia con questo pensiero S. Paolo scrive: “Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Ts 5,23). S. Paolo ci dice che la santificazione, a cui tutti siamo chiamati, viene operata da Dio attraverso la rappacificazione, l’integrazione e l’unificazione di queste componenti fondamentali della persona: il corpo, la mente e lo spirito.

Questa unificazione, a sua volta, realizza la vera immagine di noi che è il Cristo in noi e quindi tra noi ed è operata dall’amore di dio che, ci dice sempre s. Paolo in un altro passo, è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Cfr. Rm 5,5).

Per questo la preghiera del cristiano è sempre una preghiera nello Spirito Santo e nell’amore: “…lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza: non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26). La preghiera del cristiano non si esaurisce dunque nel recitare delle preghiere o esprimere delle parole pur molto belle, ma innanzi tutto deve giungere a lasciare che lo Spirito operi in noi.

Cristo ha presentato lo Spirito come l’essere divino dal quale dobbiamo rinascere: “Se uno non nasce dall’alto, non può vedere il Regno di Dio” (Gv 3,3). È lo Spirito Santo che opera questa rinascita interiore che Cristo ha promesso a quanti lo accolgono: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,12-13).

Questa rinascita ci riporta a noi stessi, a sentirci cioè a casa nostra in noi e quindi ci riporta a quel bambino che è in noi e che desidera essere di nuovo generato alla vita per come Dio lo ha pensato, amato e creato, a quel dono che ognuno di noi è per il mondo. Così scrive Papa Francesco a questo proposito nella esortazione Gaudete et exultate: “Voglia il cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta” (n. 24).

Fin qui tutto sembra semplice ma l’esperienza ci dice che invece è tutt’altro che facile “lasciare” che lo Spirito agisca in noi e nella nostra vita. Troviamo infatti molti ostacoli e il primo siamo proprio noi, il nostro io frammentato e centrato su di sé, finisce infatti per essere lui stesso il maggiore ingombro al libero fluire dello Spirito.

La meditazione, per come la intendiamo in questo contesto, può rappresentare la nostra partecipazione, il nostro lavoro, perché sia possibile questa riunificazione in noi stessi e questo “lasciare” che agisca lo spirito in noi, perché si apra sempre più la porta del nostro cuore e possiamo rappacificarci e sentirci a casa in noi, con Dio e tra noi. Essa può essere immaginata dunque come un pellegrinaggio verso il nostro cuore.

La meditazione ci aiuta a raggiungere, in una condizione di profondo riposo della mente e del cuore, una migliore attenzione, concentrazione e apertura accogliente sia nei confronti di Dio che di noi stessi e quindi degli altri che sono in noi e accanto a noi.

Questo tipo di concentrazione viene chiamata dagli orientali “consapevolezza” indicando con ciò il fatto che ci aiuta a comprendere meglio le cose e noi stessi e ci apre al mistero che è in noi e che è la presenza di Cristo in noi e tra noi. Ci aiuta cioè a non lasciarci vivere dagli eventi, dalle cose e dagli altri, a non lasciarci consumare e stressare da essi, ma a vivere pienamente la vita e accogliere così la bellezza della Grazia divina, il nostro essere trasformati in uno in Cristo. Fin quando non avremo appreso ad espandere i confini della nostra consapevolezza sarà difficile per noi di cogliere e accogliere pienamente il messaggio e questa opera di Cristo in noi.

Si tratta dunque di apprendere a contattare più pienamente, più interamente, noi stessi e il mistero che è in noi. Per questo possiamo concordare abbastanza con quanto afferma il Buddismo, cioè che occorre partire anzitutto da un’osservazione consapevole e da uno sguardo amorevole e compassionevole su noi stessi.

Dal nostro punto di vista cristiano dell’amore, che ci porta sempre fuori di noi, possiamo dire che occorre partire da uno sguardo amorevole e compassionevole sul fratello che siamo noi stessi, trattarci cioè delicatamente come se fossimo una persona estranea da conoscere, apprezzare, sentire e amare e in cui cercare il volto nascosto di Gesù.

È anzitutto questo sguardo che permetterà che si avvii il processo di rappacificazione e riunificazione che è il frutto raccolto dall’opera dello Spirito Santo in noi: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22)

La meditazione di cui parliamo ci aiuta a seguire una via in cui il nostro cuore possa espandersi e aprirsi più agevolmente. La possiamo rappresentarcela con l’immagine che s. Giovanni utilizza nell’Apocalisse per parlarci del mistero della venuta di Gesù in noi e che dice: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).

Questa immagine è molto significativa, il Nuovo Testamento si conclude infatti proprio con l’invocazione da parte della Chiesa che anela, come una sposa innamorata, alla venuta di Gesù: “Vieni Signore Gesù” (Ap 22,20) e che S. Paolo riporta così come la si pregava in lingua aramaica: “Maràna tha”: “Vieni Signore qui” (1 Cor 16,22).

Possiamo immaginare questa porta di casa con una scala che vi accede dall’interno. Per aprire occorre ascoltare e decidere di salire il gradino. La meditazione è la chiave che occorre girare per aprire questa porta a cui Gesù continuamente bussa per poter entrare e cenare con noi, ma anche il gradino da cui ripartire per salire la scala che ci fa accogliere il regno di Dio che è in noi. La chiave rappresenta quanto possiamo fare perché l’amore che Dio versa nei nostri cuori non trovi ostacoli e venga accolto pienamente; il gradino da salire, rappresenta invece quanto possiamo fare per essere capaci di girare questa chiave, per accedere cioè ad uno stadio di maggiore consapevolezza e unitarietà di noi stessi che ci conduce a scegliere e a dire il nostro “si” pieno a Dio. Diceva S. Agostino: “L’uomo deve innanzitutto ristabilire un rapporto con se stesso, cosicché fattosi gradino, possa da lì levarsi e trovare forza per raggiungere Dio” (Retractationes, 1).

L’esperienza di meditazione che vi propongo si distingue, per questo, in due fasi, nella prima contattiamo noi stessi attraverso una profonda esperienza di percezione dei nostri sensi (saliamo il primo gradino della scala). Il poeta Blake scriveva: “Se le soglie della percezione fossero rese pure, ogni cosa apparirebbe all’uomo come infinita” (A Memorable Fancy: The Ancient Tradition). Nella seconda fase della meditazione accediamo al mistero che è in noi e lo accogliamo (giriamo la chiave). Come dice S. Agostino: “Se vuoi trovare Dio abbandona il mondo esteriore e rientra in te stesso”. “Tuttavia”, prosegue, “Non rimanere in te stesso, ma oltrepassa te stesso, perché tu non sei Dio: Egli è più profondo e più grande di te”.

Ciò che collega le due fasi della nostra meditazione e ne costituisce la continuità è l’esperienza del respiro. Il respiro è la via che unifica la mente e il corpo, ma anche la via su cui procede lo Spirito Santo che unifica tutta la persona, nella sua interezza di corpo, mente e spirito e ci fa accedere alla Grazia e all’amore che Dio ha versato nei nostri cuori. Una delle immagini più significative per rappresentare lo Spirito di Dio è infatti quella dell’alito e del vento.

Iniziamo dunque la nostra prima meditazione con una esperienza di calma e di consapevolezza del respiro. In altre meditazioni potremo approfondire maggiormente l’esperienza di contatto con noi stessi accedendo via via ai pensieri, alle emozioni, e ai dolori fisici e morali che possiamo sentire.

Nella seconda parte ci faremo aiutare dalla preghiera ripetuta a lasciare che lo Spirito agisca in noi aprendoci così sempre più alla grazia e unificandoci sempre più in Cristo. Gli orientali chiamano questa parola ripetuta ”Mantra”. P. John Main afferma che il mantra ha il dono di guidarci verso la fonte dell’armonia del nostro essere, il nostro centro, come fa il segnale radar di un aereo che viaggia nella nebbia più fitta. Il mantra ci ristruttura, mentre lo pronunciamo, soprattutto se il suo suono è armonico, dentro di noi si realizza una risonanza. Tale risonanza ci conduce verso l’interezza e l’armonia così come una calamita attira la limatura di ferro disponendola secondo la forma del campo magnetico.

La ripetizione di una frase nella preghiera è di grande aiuto, essa è come il solco dell’aratro che scava a poco a poco nella terra del nostro corpo, della nostra mente, perché possa rifluirvi lo Spirito e dargli vita e frutti (Cfr. J. Main, Dalla Parola al silenzio. Via semplice alla meditazione).


MEDITAZIONE 1

Meditazione guidata 1 – prima fase

Prendi una posizione comoda ma stabile, possibilmente con la schiena dritta anche se non rigida. Metti le gambe in una posizione armonica in simmetria e stabilità. Poni le mani in grembo o sulle ginocchia. Rilassa le spalle e apri leggermente il petto portando le spalle un po’ indietro. Questo aiuta il cuore, i polmoni e gli altri organi a funzionare meglio.

Cerca di mantenere la posizione una volta presa, cerca di non muovere il corpo anche se dopo qualche minuto ti viene voglia di cambiare posizione.

Le proprietà della postura che assumi si trasferiscono dal corpo alla mente. Queste proprietà sono la stabilità, la dignità e l’apertura. La stabilità è data dal contatto pieno e solido sui tre punti di appoggio sulla sedia e sul pavimento. La dignità è data dalle spalle rilassate e la schiena dritta. L’apertura è data dal viso rilassato e dalle mani rilassate e riposate.

Prendi contatto con il tuo corpo. Senti semplicemente i punti di contatto, quelli più evidenti come il peso sulla sedia, quindi il contatto di sedere, schiena, gambe e i punti contatto dei piedi sul pavimento. Se vuoi puoi chiudere gli occhi o riposare lo sguardo davanti a te su un punto ma senza osservare o studiare quello che hai davanti.

Mentre entri in contatto con il tuo corpo, prova a sentire anche il respiro in esso. Sentilo soltanto senza controllarlo. Concentrati in particolare sulla zona sotto l’ombelico che si estende all’inspirazione e si restringe all’espirazione.

Inspira ed espira. La pancia si allarga, si restringe. Forse la schiena ha un po’ ceduto nel frattempo. Quindi puoi raddrizzarla lentamente e leggermente.

Appena un pensiero o un’altra sensazione ti porta via, te ne rendo conto, non giudicarla e riporta l’attenzione dolcemente e amorevolmente alla pancia e quindi al respiro.

Il tuo unico scopo è in questo momento semplicemente quello di stare nel momento presente così com’è. Imparare a meditare e pregare vuol dire imparare a vivere il momento presente, il qui ed ora.

Qui pensieri, percezioni non sono più distrazioni, ma fenomeni che si manifestano normalmente. Li noti e li lasciamo, non rifiutandoli, ma semplicemente riportiamo dolcemente e amorevolmente l’attenzione al respiro.

Inspira, espira. Normalmente l’inspirazione richiede un po’ di fatica, mentre l’espirazione è più in discesa, succede semplicemente senza sforzo e c’è il punto dove l’espirazione si esaurisce. Lascia che l’espirazione si esaurisce completamente. Tendiamo infatti spesso ad accorciarla, vogliamo sempre subito il nuovo.

Quell’attimo che si trova al termine dell’espirazione, prima che inizi l’inspirazione è un momento di profonda pace.

Riascoltare il tuo respiro in questo punto ti ricongiunge al momento iniziale in cui Dio ha inalato in te il suo spirito e ti ha reso essere vivente. Egli è il Dio della vita e oggi vuole che tu sia rigenerato dal suo amore, che tu sia un essere veramente vivente.

Egli ha fatto di te una meraviglia stupenda (Cfr. Sal 139,14), Egli apprezza la bellezza che è in te. Egli ti ha disegnato sulle palme delle sue mani (Cfr. Is 49,16) e ti dice: “Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Is 43,4), “Io non ti dimenticherò mai” (Is 49,15). Anche Gesù ha detto che tu vali molto di più di altre cose e che ogni parte di te è sotto la sua amorevole attenzione. Egli dice: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati” (Lc 12,7).

In questa pace e in questa consapevolezza trovi una condizione di maggiore accoglienza del tuo essere, di apertura all’azione di Dio in te e di consapevolezza di essere con Lui.

Meditazione guidata 1 – seconda fase

Ora prendi l’invocazione amorevole dei primi cristiani: “Vieni Signore Gesù”, prendila come un dono che ti è fatto da altri che ti hanno preceduto in questo cammino e che li ha guidati alla grazia nella loro vita, prendila nella lingua stessa di Gesù, l’aramaico, così come ci è stata donata: “Maràna tha”: “Vieni Signore, qui”. Recitala scandendola in sillabe di eguale lunghezza. Quando inspiri dici: “Ma – ra – na”, quando espiri dici in modo prolungato fino al termine dell’espirazione: “tha”.

Respira normalmente e metti tutta la tua attenzione alla parola, ascoltala mentre la pronunci, in silenzio, con delicatezza, fedelmente e soprattutto – semplicemente. Ripeti con sempre più calma la frase. Non fermarti sulle immagini o altre sensazioni o pensieri che possono sopraggiungere, ma ascolta la parola mentre la reciti. Pronuncia la parola fedelmente, con delicatezza e attenzione e ritorna ad essa immediatamente se ti accorgi di aver smesso di ripeterla o se l’attenzione sta vagando altrove.

Silenzio significa lasciare andare i pensieri. Quiete significa lasciare andare ogni desiderio. Semplicità significa lasciar andare l’auto-analisi.

(Poco prima del termine) Se li hai chiusi apri ora i tuoi occhi, stai un po’ con Gesù presente in te, affidagli tutto, digli che gli dai la chiave del tuo cuore, che ha il permesso di entrare, che lo desideri e che vuoi stare con Lui.

(Al termine) Ora puoi muovere dolcemente la testa e il collo, appoggiare la schiena allo schienale, libera le mani e rilassa le gambe. Alzati, fai un inchino alla presenza di Gesù e ritorna alla tua vita abituale

Preghiera finale

Possano coloro che qui hanno pregato essere rafforzati dallo Spirito Santo per servire e ricevere se stessi e il loro prossimo come fossero Cristo stesso

Possano la confusione, la violenza e la sofferenza del mondo incontrare qui la Forza che consola, rinnova e solleva lo spirito umano.

Possa questa esperienza essere forza che purifica e apre i cuori alla visione di Dio, e così vivere nell’amore e nella pace, nella giustizia e nel rispetto della dignità umana di ciascuno.

Possa la bellezza della Vita Divina riempire i cuori di tutti noi in gioiosa speranza.

Possano tutti coloro che vi sono giunti sotto il peso dei problemi, ripartire ringraziando per le meraviglie che Cristo opera in coloro che lo accolgono.


ESERCIZIO DI PREGHIERA DEL CUORE

 Presentazione

Possiamo leggere un passaggio dei “Racconti del Pellegrino russo”:

“Siedi in silenzio e appartato; china il capo, chiudi gli occhi; respira più lentamente, guarda con l’immaginazione dentro il cuore, porta la mente, cioè il pensiero, dalla testa al cuore. Mentre respiri, di’: «Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore», sottovoce con le labbra, oppure solo con la mente. Cerca di scacciare i pensieri, sii tranquillo e paziente, e ripeti spesso questo esercizio” (p. 35)

«Comincia ad inspirare ed espirare dal cuore tutta la preghiera di Gesù insieme con il respiro, così come insegnano i Padri. Inspirando devi dire o pensare: Signore Gesù Cristo; espirando: abbi pietà di me».

È in questa invocazione a Cristo, umile e continua, e non potrebbe essere continua senza essere anche ardente, che la psiche si apre e vive una interezza e pienezza. Non solo l’amore unifica la sua attività, ma la presenza di Colui che essa invoca via via la dilata e la colma di pace e dolcezza.

Consideriamo questa preghiera parola per parola:

Signore: l’appellativo che diamo a Gesù e che esprime la nostra fede in lui come Dio fattosi carne e a cui sottomettiamo la nostra umanità ponendoci al suo servizio. Non potremmo pregare così Dio se non nello Spirito Santo come dice S. Paolo: “Nessuno può dire «Gesù è Signore!» se non sotto l’azione dello Spirito Santo (1 Cor 12,3)

Gesù: Il nome di Gesù scelto da Dio Padre e che esprime la sua carne e umanità e la salvezza che passa attraverso di essa (Il Figlio dell’uomo): “Lo chiamerai Gesù”. “Il nome di Gesù è un profumo che si effonde” (cfr. Cantico dei cantici, 1,4)

Cristo: l’Unto, il re messia (colui che viene nella nostra storia) e il datore dello Spirito di cui è impregnato interamente, che è vita, consolazione e balsamo d’amore e di guarigione. Pietro confessa: Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”

Figlio di Dio: Il suo rivelarci Dio come Padre e il suo donarcelo come Padre unendosi a noi ci mostra il volto  del Padre e ci indica il nostro cammino spirituale nella figliolanza

Abbia misericordia: invochiamo la sua misericordia che lo fa muovere a compassione per il nostro dolore, lo fa accostare al nostro cuore ferito, che fa porre le sue mani ferite e amorevoli sulle nostre piaghe. Come dice la Filocalia La misericordia non è altro che la grazia dello Spirito Santo (Cfr Fil. IV, Op. in neoellenico, Spiegazione del Signore pietà, p. 495)

Di me: lasciamo emergere davanti a lui la nostra persona ma anche la nostra responsabilità e consapevolezza, la nostra storia. Il dolore e soprattutto i traumi tendono a modificare l’immagine che abbiamo di noi stessi. Per questo mettersi a nudo davanti a Dio vuol dire ricevere l’immagine di noi da Lui stesso così come l’ha creata.

Peccatore: ammettiamo la vera origine del male, le conseguenze del male altrui che ci ha intaccato e si è internato in noi, le nostre azioni negative, i nostri pensieri negativi, che mostriamo fiduciosi al suo sguardo d’amore e di misericordia, come il malato fa con il medico

 

Fase 1: Preparazione e concentrazione

Mettiti seduto/a comodamente, con le spalle appoggiate allo schienale, le gambe leggermente divaricate e i piedi ben poggiati sul pavimento. Poni le tue mani sulle ginocchia, o aperte con le palme in alto sulle gambe o piegate sulla pancia. Riposa. Abbassa leggermente la testa e scegli un punto dove riposare lo sguardo davanti a te ma senza osservare o studiare quello che hai davanti. Oppure semplicemente chiudi gli occhi.

Prendi contatto con il tuo corpo. Senti semplicemente i punti di contatto, quelli più evidenti come il peso sulla sedia, quindi il contatto di sedere, schiena, gambe e i punti contatto dei piedi sul pavimento. Mentre entri in contatto con il tuo corpo, prova a sentire anche il respiro in esso. Sentilo soltanto senza controllarlo. Concentrati in particolare sulla zona sotto l’ombelico che si estende all’inspirazione e si restringe all’espirazione.

Inspira ed espira. La pancia si allarga, si restringe. Forse la schiena ha un po’ ceduto nel frattempo. Quindi puoi raddrizzarla lentamente e leggermente.

Permetti alla tensione e all’ansia di fluire fuori di te e alla serenità dello Spirito Santo di scorrere attraverso il tuo cuore. Contatta la sensazione di calore e pesantezza che indica che il tuo corpo si sta rilassando.

Identifica le parti del tuo corpo che restano tese. Contrai quelle zone, poi rilassale. Percorri il tuo corpo dalla fronte alla punta dei piedi, offrendo i tuoi muscoli, la tua pressione sanguigna, il tuo respiro alle cure dello Spirito santo.

Pensa a ciò che dice san Pietro: «Gettate in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi» (1 Pt 5,7)

Appena un pensiero o un’altra sensazione ti porta via, te ne rendi conto, non giudicarla. Lascia scorrere i pensieri come se osservassi un fiume e lascialo andare per il suo corso fino al mare. Ogni volta che questi pensieri ti distolgono riporta l’attenzione dolcemente e amorevolmente alla pancia e quindi al respiro. Respira lentamente, senti come la pancia si gonfia nell’inspirazione e lasciala svuotarsi nell’espirazione. Lascia che l’espirazione si esaurisce completamente fino a sentire quel punto in cui riprende il respiro.

Riascoltare il tuo respiro in questo punto ti ricongiunge al momento iniziale in cui Dio ha inalato in te il tuo spirito e ti ha reso essere vivente. Egli è il Dio della vita e oggi vuole che tu sia rigenerato/a dal suo amore, che tu sia un essere veramente vivente. Egli ha fatto di te una meraviglia stupenda (Cfr. Sal 139,14), Egli apprezza la bellezza che è in te. Egli ti ha disegnato sulle palme delle sue mani (Cfr. Is 49,16) e ti dice: “Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Is 43,4), “Io non ti dimenticherò mai” (Is 49,15). Anche Gesù ha detto che tu vali molto di più di altre cose e che ogni parte di te è sotto la sua amorevole attenzione. Egli dice: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati” (Lc 12,7).

 

Fase 2: Scelta del ricordo

In questa pace e in questa consapevolezza trovi una condizione di maggiore accoglienza del tuo essere, di apertura all’azione di Dio in te e di consapevolezza di essere con Lui.

Resta raccolto/a in attesa di una presenza e comincia a scendere pian piano con la tua mente nel profondo del tuo cuore. Scegli ora una immagine di un ricordo non molto doloroso che spesso ritorna alla tua mente. Non scegliere qualcosa di troppo duro per te. Questo è solo un esercizio.

Comincia a portare il tuo sguardo interiore sugli oggetti o le persone che compongono la scena come se avessi una telecamera, comincia da sinistra verso destra, poi ritorna da destra verso sinistra.

Man mano che la scena si rischiara osserva se quando posi il tuo sguardo su un particolare corrisponde una sensazione corporea. Accoglila e comincia ad invocare il Signore Gesù con calma. Mentre inspiri dici dentro di te: “Signore Gesù Figlio di Dio”, mentre espiri dici: “Abbi misericordia di me peccatore/peccatrice”.

Ogni volta che posi il tuo sguardo interiore su quel particolare mentre invochi il nome di Gesù immagina come Egli si stia chinando su di te e versa su quella parte di te che si è risentita il suo balsamo d’amore, il Suo Spirito Santo scaturito come sorgente di misericordia dal suo costato ferito e più profondamente dal suo cuore spezzato per noi. Lo versa e poi lo spalma con delicatezza, friziona quella parte e la rilassa.

Continua così fino a che si fa chiaro nella scena che hai presente un elemento nuovo che ti colpisce, anche se non del tutto nuovo ma qualcosa a cui non avevi ancora fatto caso a sufficienza, o un’immagine o una frase che si palesa dentro di te.

Concentrati solo su questo particolare o sull’immagine o frase che è emersa e continua la tua preghiera, poi annota nel tuo quaderno cosa ti è rimasto nel cuore.

No votes yet.
Please wait...