Eugenio de Mazenod

“Ministri di Misericordia”: era con queste parole che S.Eugenio de Mazenod chiamava i suoi Missionari Oblati di Maria Immacolata. In questo modo egli indicava come essi avrebbero dovuto vivere il loro appartenere a Cristo e a Maria Immacolata e il loro servizio alla Chiesa e alla persona umana a cominciare dalla più abbandonata.

Per questa ragione il suo carisma di “evangelizzazione e comunione” , così come la spiritualità oblata che da esso promana, appaiono come uno specifico dono per continuare la missione di misericordia del Cristo nella Chiesa, nel mondo di oggi, a favore della “rigenerazione” dell’uomo

Cenni biografici

Figlio di Carlo Antonio de Mazenod – signore di Saint-Laurent-sur-Verdon e presidente della Corte dei Conti della Provenza – e di Maria Rosa Joannis, Carlo Giuseppe Eugenio nasce ad Aix-en-Provence il primo di agosto del 1782. Gli eventi collegati allo scoppio della Rivoluzione francese conducono la famiglia de Mazenod alla decisione di fuggire in esilio. Le tappe sono prima Nizza, poi Torino,  quindi Venezia dove i de Mazenod rimangono tre anni e mezzo. E’ proprio in questa città che avviene per Eugenio l’incontro che darà una svolta fondamentale alla sua vita: conosce qui infatti don Bartolo Zinelli.

Quel periodo trascorso accanto a quel santo sacerdote che lo ha accolto in casa propria come un figlio verrà sempre considerato da Eugenio come segnato dalla Provvidenza misericordiosa di Dio. Alla scuola di don Bartolo egli infatti non solo impara l’Italiano e il Latino così come la letteratura, ma soprattutto viene introdotto alla dottrina e la pratica religiosa che lo condurranno ad avvertire già in così tenera età la chiamata del Signore al sacerdozio. Nel 1797 le truppe rivoluzionarie occupano Venezia e così i de Mazenod devono proseguire la loro fuga. Essi trascorrono così un breve periodo a Napoli per giungere infine, nel 1798, a Palermo.

Qui Eugenio riesce a malapena a non farsi assorbire dal malcostume dell’aristocrazia locale grazie all’aiuto della contessa di Cannizzaro che diviene per lui come una seconda madre.

Eugenio ha venti anni quando prende l’opportunità di ritornare ad Aix, qui ricomincia a dedicarsi più attivamente alla ricerca di Dio e si prodiga nel servizio parrocchiale e dei poveri. Anche Dio però è alla sua ricerca e finalmente un Venerdì santo Eugenio vive una straordinaria esperienza dell’amore misericordioso di Dio riversato nel suo cuore alla vista del Crocifisso. Anche la vista  dei poveri delle campagne offre ora una speciale connotazione a quell’interiore richiamo alla vita sacerdotale fino a divenire una vera e propria vocazione ad essere “servitore e prete e dei poveri”. Inoltre il fatto che proprio in quegli anni la Chiesa venga perseguitata e che nel 1808 il Papa venga fatto prigioniero, offre un altro motivo vocazionale al giovane Eugenio: scegliere di servire la Chiesa proprio perché abbandonata! Entra così nel seminario parigino di Saint-Sulpice.

Qui vive con molto fervore, umiltà e povertà la sua preparazione al sacerdozio che riceve il 21 dicembre 1811. Dopo l’ordinazione il vescovo di Amiens gli offre di diventare il suo vicario generale, ma Eugenio ha nel cuore i poveri e i giovani e ha per loro un piano e preferisce per questo dedicarsi a  predicare in Provenzale ai contadini e agli artigiani, ai domestici e ai poveri di tutte le condizioni. Fonda l’Associazione della gioventù cristiana sotto la protezione dell’Immacolata e si prodiga nella cura dei carcerati fino all’estremo delle forze cadendo in preda del tifo contagiato dai prigionieri austriaci rinchiusi nelle prigioni di Aix.

Eugenio è in fin di vita ma la preghiera incessante dei suoi giovani ottiene la grazia della guarigione alla quale succede un periodo di convalescenza e di ripensamento nel quale matura l’idea di associare al suo piano altri sacerdoti e dedicarsi insieme alla predicazione ai poveri delle campagne della Provenza. L’idea che lo prende è quella di vivere in comunità camminando uniti sulle orme degli apostoli e dei primi cristiani. Occorre a questo scopo scegliere uomini che si dedichino a vivere interamente al servizio di Cristo lasciando per Lui ogni cosa e ogni vantaggio umano. Si rivolge così a p. Tempier, vicario generale ad Arles, scrivendogli una lettera che tocca il cuore di questi che, condividendo pienamente i sentimenti e le prospettive del giovane de Mazenod, accetta senza tergiversare la sua proposta. Eugenio, avendo già acquistato la metà dell’antico monastero delle Carmenlitane di Aix, stabilisce qui la prima sede della comunità.

Nascono così i “Missionari di Provenza” che il 25 gennaio 1816 firmano la richiesta ai vicari generali di Aix per ottenere l’approvazione della loro società. A ciò fa seguito, il 23 ottobre 1818, la presentazione alla comunità della prima regola  e il 1° novembre l’emissione dei primi voti. La regola redatta nasce anche da un confronto con quella di altri santi fondatori come Alfonso de’ Liguori, ma soprattutto in un “nota bene” Eugenio si lascia trasportare dalla ispirazione che lo anima e che lo conduce a fondare un istituto completamente votato alla evangelizzazione e alla ricostruzione – in un mondo ormai desacralizzato – della Chiesa colpita duramente dalla persecuzione.

Cominciano così le missioni predicate dai Missionari di Provenza che aggiungono la povera gente laddove vive e toccano il loro cuore. Dovunque i risultati positivi non tardano a giungere e l’alto numero delle confessioni e conversioni è un segno tangibile del bene che le missioni sono capaci di produrre nell’animo e nella vita di coloro che difficilmente in altro modo avrebbero potuto essere avvicinati dalla Chiesa.

Il 17 febbraio 1826 vengono approvati l’Istituto, le Regole e le Costituzioni dei Missionari Oblati della Santissima e Immacolata Vergine Maria. In questo modo la speciale  vocazione mariana dell’Istituto si configura con il sigillo della Chiesa.

Dopo alcuni anni, il 14 ottobre 1832, Eugenio viene consacrato vescovo nella chiesa di S. Silvestro al Quirinale a Roma e in seguito vescovo titolare di Icosia e Visitatore Apostolico di Tunisi e Tripoli con sede a Marsiglia. Qui Eugenio svolge un’opera particolare la svolge nel riformare il clero e nella promozione degli istituti di vita religiosa. Inoltre promuove l’erezione di ventuno parrocchie e la costruzione di trentaquattro nuove chiese, del santuario di Notre Dame de la Garde e della nuova cattedrale.

Tra le tante sue battaglie mons. de Mazenod si prodiga a favore della giustizia e a difesa dei più poveri così come anche per la libertà d’insegnamento divenuto allora monopolio statale. 

 Nel 1831 il Capitolo generale approva unanimemente il desiderio di aprirsi all’evangelizzazione in altre nazioni. Solo però dopo dieci lunghi anni i primi sei Oblati lasciano la Francia il 20 ottobre 1841 per le terre lontane del nord Canada abitate dagli Indiani e dagli Esquimesi. In seguito altre missioni si apriranno come nel Texas e a Ceylon.

 Eugenio de Mazenod può concludere la sua vita, spesa interamente per Cristo e la Sua sposa la Chiesa, lasciando al mondo la sua famiglia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Di ciò egli ne è immensamente felice e muore lasciando l’ultimo suo desiderio ai suoi figli: «Praticate bene tra voi la carità… la carità… la carità e fuori lo zelo per la salvezza delle anime».

  Eugenio de Mazenod è stato dichiarato santo il 3 dicembre 1995 da Giovanni Paolo II che lo ha definito in quell’occasione: “L’Uomo dell’Avvento”


S. Eugenio e la Misericordia

Contemporaneamente a Giovanni Maria Vianney, e sempre in Francia, un altro sacerdote, S. Eugenio de Mazenod, viveva anch’egli una spiritualità centrata sul Cuore di Cristo e sulla misericordia e in continuità con l’insegnamento di S. Alfonso di cui fu il primo diffusore oltralpe.

Egli aveva fondato per questo una comunità di religiosi, i Missionari Oblati di Maria Immacolata, che sarebbero dovuti essere dei “ministri di misericordia” per il mondo intero portando il Vangelo dell’amore di Dio fino ai confini della terra. Nel periodo successivo alla rivoluzione francese, egli aveva fatto un’esperienza profonda della misericordia di Dio che gli aveva mostrato tutto il suo amore proprio quando egli si sentiva del tutto lontano da Lui.

S. Eugenio aveva conosciuto l’esilio, la separazione dei suoi genitori, ma aveva conservato un cuore grande e sensibile che lo rendeva capace di amare e accogliere le persone le più deboli e misere. Simbolo di tutta la sua azione missionaria e sacerdotale è la predicazione che da giovane sacerdote aveva rivolto in provenzale ai poveri della sua città. Queste predicazioni mostrano tutta la coscienza che S. Eugenio aveva della dignità della persona umana fondata non solo sul suo essere stata creata ad immagine di Dio, ma anche perché il Figlio di Dio aveva versato tutto il suo sangue per tutti fino all’ultimo essere umano.

Così, più tardi, in una lettera a uno dei suoi oblati, che, a sua volta gli aveva chiesto un parere sul possibile rifiuto della comunione ad un giovane che si era pentito di un gesto alquanto irrispettoso e sacrilego, troviamo queste parole cariche di amore e di compassione: «Oh! Voi siete stato inviato da Dio per perdonare peccati più grandi dei loro e anche scandali più grandi che quello che essi hanno potuto arrecare per loro stoltezza (…). Noi siamo ministri della sua misericordia. Dobbiamo avere sempre e verso tutti delle viscere di padre (…) Il Padre del figliol prodigo non si accontentò di rivestirlo e di mettergli l’anello al dito, ma fece ammazzare il vitello grasso»  Id. À Monsieur Guigues, prêtre, chez M. le Curé à Theys, canton de Goncelin par Grenoble, Isère. le 20 février 1837. In Id.  Lettres aux Oblats de France, pp. 12-13..

Anche S. Eugenio, in linea con S. Alfonso e con il Curato d’Ars, colse di Maria soprattutto  il suo essere piena della misericordia di Dio a partire dal suo Immacolata Concezione e quindi in tutta la sua vita. L’averla per madre in una totale consacrazione a Cristo per mezzo di lei, come fu per l’apostolo Giovanni, significava per lui porsi al centro del piano di misericordia di Dio per l’umanità


Testi


(dalle Note per l’istruzione preliminare, il 3 marzo, giorno delle ceneri)

In questo periodo ci saranno numerosi insegnamenti per i ricchi, per coloro che hanno ricevuto una formazione … E non ve ne saranno anche per i poveri e per coloro che non hanno istruzione ? (…). In ogni caso l’Evangelo deve essere insegnato a tutte le persone e deve essere insegnato in modo da essere compreso. I poveri, porzione preziosa della famiglia cristiana, non possono essere abbandonati alla loro ignoranza. Il nostro divino Salvatore vi faceva tanta attenzione che si incaricava egli stesso della cura di istruirli e diede, come prova che la sua missione era divina, il fatto che i poveri erano suoi discepoli: “i poveri sono evangelizzati”. In effetti, la conoscenza della verità che egli era venuto a portare agli esseri umani, essendo necessaria per ottenere la vita eterna e quindi salvarsi, occorreva che fosse messa alla portata di tutti. Ciò molto diversamente da quanto facevano gli antichi filosofi che non insegnavano che ad un piccolo numero di adepti e da cui la moltitudine era respinta.  In questo modo il loro insegnamento portava con sé il carattere di errore poiché la verità deve essere conosciuta da tutti, avendo tutti un eguale diritto a possederla. Noi ci metteremo dunque alla portata del più semplice tra coloro che sono senza istruzione. Come un padre di famiglia noi raccoglieremo i nostri figli per scoprire loro un tesoro, ma occorrerà del coraggio, della costanza per acquisirlo (…). Venite dunque chiunque voi siate (…) Venite soprattutto voi poveri di Gesù Cristo (…). Cominceremo per farvi apprendere ciò che voi siete, qual è la vostra nobile origine, quali sono mi diritti che essa vi dona, quali sono anche i doveri che da essa promanano. Venite ora ad apprendere ciò che voi siete agli occhi della fede. Poveri di Gesù Cristo, afflitti, sfortunati, sofferenti, infermi, coperti di piaghe, …, voi tutti prostrati dalla miseria, miei cari fratelli, miei rispettabili fratelli, ascoltatemi. Voi siete i figli di Dio, i fratelli di Gesù Cristo, gli eredi del suo regno eterno, la porzione scelta della sua eredità; voi siete, come dice S. Pietro, la nazione santa, voi siete re, siete sacerdoti, voi siete in qualche modo degli Dei: siete tutti déi e figli dell’Altissimo». Elevate dunque il vostro spirito, che le vostre anime abbattute si dilatino, cessate di strisciare sulla terra: “Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo” (Sal 82,6). (…). Vi dirò con san Leone: O Cristiani conoscete dunque la vostra dignità di essere stati associati alla natura divina. (…). Dio solo è degno della vostra anima. Dio solo può soddisfare il vostro cuore.

Dalle Note per le Istruzioni familiari sulla confessione, predicate in provenzale, la quarta domenica di quaresima, (28 marzo 1813).

(…). Io non ho altro diritto che le vostre preghiere, e tutto ciò che merito è di essere mostrato a dito come un peccatore miserabile. Ma chiamato per vocazione a essere servitore e prete dei poveri, al servizio dei quali vorrei essere in grado di dare tutta la mia vita, non posso essere insensibile nel vedere la premura dei poveri ad ascoltare la mia voce… (…). Venite a mostrare le vostre piaghe ai soli medici che Dio ha stabilito per guarirle (…); è il Salvatore che guarisce, perché non appartiene che a Dio di operare questo prodigio; ma egli guarisce per mezzo dei suoi ministri, ed egli guarisce in Dio, perché, fate attenzione, una parola gli è sufficiente per questa resurrezione, come non gli servì che una parola per creare l’Universo


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