«C’è un’esperienza di vita nel primo focolare che è stata un’applicazione dell’”amare per primi”. Specie agli inizi non era sempre facile per un gruppo di ragazze vivere la radicalità dell’amore. Eravamo persone come le altre, anche se sostenute da un dono speciale di Dio per cominciare il Movimento, e anche fra noi, sui nostri rapporti, poteva posarsi della polvere, e l’unità poteva illanguidire. Ciò accadeva, per esempio quando ci si accorgeva dei difetti, delle imperfezioni degli altri e li si giudicava, per cui la corrente d’amor si raffreddava.
Per reagire a questa situazione abbiamo pensato un giorno di stringere un patto fra noi e lo abbiamo chiamato “patto di misericordia”. Si decise di vedere ogni mattina il prossimo che incontravamo – in focolare, al lavoro, a scuola -, nuovo, nuovissimo, non ricordandoci affatto dei suoi nei, dei suoi difetti, ma tutto coprendo con l’amore.
Era avvicinare tutti con questa amnistia completa nel nostro cuore, con questo perdono universale. Era un impegno forte, preso da tutte noi insieme, che aiutava sempre ad essere primi nell’amare, a imitazione di Dio misericordioso, il quale perdona e dimentica».
(Da L’arte di amare, ed. Città Nuova)
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Non c’è porzione di vita indegna di essere vissuta
Firenze, 17 maggio 1986
Un importante intervento in cui Chiara non parla “in cattedra” ma a partire dalla suo aver sperimentato che il dolore accolto avvicina a Dio. Un forte messaggio per chi vive la malattia in prima persona o per chi sta vicino agli ammalati o agli anziani.
Da un discorso di Chiara Lubich a una Giornata del Movimento per la vita: