Maestra di Misericordia

Non è un caso che tutta la vita di Santa Teresina di Lisieux sia sotto la luce materna di Maria. Da piccola ella aveva vissuto già una forma di abbandono quando era stata mandata in un collegio ed affidata ad una nutrice. Poi, in seguito alla morte della madre, avvenuta quando Teresa aveva quattro anni, e alla scelta del Carmelo fatta da colei che ella chiamava la sua seconda mamma, la sorella Pauline, aveva vissuto un senso di angoscia ad un tale grado di intensità che sprofondò in quella che può apparire una forma di psicosi probabilmente dovuta anche all’attacco di uno spirito malvagio. In ogni caso possiamo capire che Teresa doveva essersi sentita in un’insicurezza terribile.

La psicosi possiamo interpretarla anche come una difesa contro l’angoscia, un’angoscia che può diventare così forte che la persona ne può morire. Teresa venne guarita grazie al sorriso di Maria, una visione allo stesso tempo interiore e visibile che le ha rivelato in modo spirituale e sensibile, quanto ella fosse amata dalla sua mamma celeste e per nulla abbandonata. Questa sua dimensione materna e questa sua ricerca di maternità l’aiuteranno a scoprire in un modo del tutto unico i tesori della misericordia divina.

Vediamo infatti come ella contempli il mistero dell’amore di Dio che si abbassa sulla più piccola creatura mostrando in questo modo la sua infinita grandezza. Teresa giunge a dire che “i fiori selvatici” cioè coloro che ai nostri occhi sembrano totalmente trascurati, sono in realtà quelli la cui semplicità Lo rapisce: «Come il Sole rischiara allo stesso tempo i grandi cedri e ogni piccolo fiore, quasi che ciascuno fosse solo sulla terra, proprio così Nostro Signore si occupa di ciascun’anima, così particolarmente come se non ce ne fossero altre di simili». Per questo ella intitola la sua storia: Storia di umile piccolo fiore che «si rallegra di far conoscere le premure totalmente gratuite di Gesù»..

Per santa Teresina la perfezione consiste nel fare la volontà di Dio, «nell’essere ciò che Egli vuole che noi siamo». Ciò mette la perfezione persino alla portata del “bambino di un giorno” anche se non battezzato e alla portata del “povero selvaggio che non ha mai sentito pronunciare il nome di Dio”. Così l’Amore di Dio non è un generico prendersi cura degli uomini, ma una specifica occupazione nel “curarsi di ciascuna anima come se fosse unica al mondo”. In questo ella precorre il Concilio vaticano II che ha affermato come «con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in qualche modo ad ogni uomo» (GS 22).

La misericordia è amore che si abbassa, ed ogni umano abisso la riceve secondo la profondità dell’abisso stesso sia in quanto peccatore che in quanto figlio: Per Teresa non è solo il peccato che conduce all’esperienza della misericordia ma anche l’esperienza di essere e sentirsi figli amati dal Padre. In questo modo ella apre uno spiraglio nuovo al tema della misericordia nel cammino cristiano associandola all’infanzia spirituale che altro non è che l’approfondimento del significato di essere divenuti figli di Dio per grazia e per ave accolto il Cristo. Ciò ovviamente non ha nulla a che fare con l’infantilismo o con l’immaturità (ricordiamo che, con la grazia del Natale del 1886, Teresa era già  uscita dall’infanzia umana).

Leggiamo per questo un’importante lettera che Teresa scrive alla sorella Maria e che accompagna il secondo manoscritto: «A Gesù piace mostrarmi il solo cammino che conduca alla fornace divina, cioè l’abbandono del bambino il quale si addormenta senza paura tra le braccia di suo Padre. «Se qualcuno è piccolo, venga a me», ha detto lo Spirito Santo per bocca di Salomone, e questo medesimo Spirito d’amore ha detto ancora che «la misericordia è concessa ai piccoli». In nome suo il profeta Isaia ci rivela che nell’ultimo giorno «il Signore condurrà il suo gregge nelle pasture, raccoglierà gli agnellini e se li stringerà al cuore», e, come se tutte queste promesse non bastassero, lo stesso profeta, il cui sguardo s’immergeva già nelle profondità eterne, dice in nome del Signore: «Come una madre accarezza il figlio, così io vi consolerò, vi porterò in braccio e vi accarezzerò sulle mie ginocchia». Oh, Madrina cara! dopo un linguaggio simile non c’è che da tacere, piangere di riconoscenza e d’amore. Ah, se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola fra loro, l’anima della sua Teresa, non una dispererebbe d’arrivare alla vetta della montagna d’amore, poiché Gesù non chiede grandi azioni, bensì soltanto l’abbandono e la riconoscenza»

In Teresa prende forma l’esperienza della vergine Maria che canta come il Padre abbia guardato la bassezza della sua serva. Per lei ama di più chi di più si lascia amare perché Dio è misericordia, cioè amore che si abbassa. In un’altra lettera, sempre alla sorella, così scrive: «per amare Gesù, per essere sua vittima d’amore, più si è deboli, senza desideri né virtù, più si è adatti alle operazioni di questo Amore che consuma e trasforma (…). È la fiducia, e null’altro che la fiducia, che deve condurci all’Amore! (LT 197).
Salvatore Franco
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